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Videogiochi

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Il sesso sbarca nei videogame. Si è tenuta recentemente a San Francisco la prima convention mondiale sull’interazione tra sesso e videogame, ove si è messo in risalto il prepotente ingresso del mondo del sesso nei videogiochi con un business senza precedenti. I più grandi produttori mondiali di giochi per consolle stanno escogitando ogni possibile strategia per introdurre il sesso nei loro prodotti. Come i videogiochi violenti, pieni di scene macabre, anche quelli con contenuto sessuale esplicito, invogliano gli acquirenti ad accaparrarseli. Il sesso e la violenza vendono molto e gli sviluppatori lo sanno da tempo: nel 1994, ad esempio, la versione del gioco di Mortal Kombat per Sega Megadrive superò nettamente, in fatto di copie vendute, la rivale Nintendo, che applicava la censura nelle parti più violente del videogame giapponese. Intanto, però, è pesante l’accusa rivolta all’industria dei videogame dal Congresso

Grazie Paolo per la tua testimonianza

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“Grazie o Padre, Signore del Cielo e della Terra, perché mi hai ridonato la vita nella Tua Misericordia” così termina la testimonianza di Paolo trascritta in un piccolo libretto intitolato “Liberato dalle catene della droga” (Mimep-Docete). Ci sono testimonianze che toccano il cuore nel profondo e che non riescono a lasciarti indifferente. Così è stata per me la testimonianza di Paolo, un ragazzo che ha fatto esperienza dell’uso di droga. Di fronte alla sua esperienza, alla sofferenza vissuta ed alla vita ritrovata il mio cuore e la mia mente non sono stati capaci di fare silenzio e così è nato il desiderio di scrivere alcune riflessioni che condivido a gloria di Dio. La vita non è un gioco eppure a volte viviamo come se lo fosse! Ci lasciamo trasportare dagli eventi, invece di esserne i protagonisti, dai sentimenti o lasciamo che le

In memoria di Eluana

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Lo scorrere inesauribile del tempo costringe a fare memoria e in qualche modo a rivivere un avvenimento tragico per l’intera nostra società. La violenza organizzata e articolata dell’ideologia del benessere individualistico, del possesso incondizionato e della manipolazione tecnologica di persone e cose, il 9 febbraio di tre anni fa ha eliminato la presenza scomoda di Eluana Englaro. Si è voluto affermare in maniera violenta che la vita umana non è più un dono indisponibile a qualsiasi istanza umana - famiglia, strutture politiche e sociali, giuridiche -, ma al contrario che la vita umana è un oggetto su cui istanze diverse, e talora alleate, possono e debbono esercitare il loro potere. Così Eluana è stata sacrificata, perché un’alleanza vasta, articolata e pervasiva ha deciso che la sua non era più vita, senza nessuna conferma scientifica e senza nessuna utilità di carattere sociale. Doveva

Aborto: una triste realtà

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Aborto: una realtà che non si riesce a cancellare

La moda è nata negli U.S.A. ma sta diffondendosi a macchia d’olio anche nel Regno Unito. Si tratta dei cosiddetti “foetus’ party”, ovvero feste organizzate dalle puerpere per mostrare alle amiche l’immagine ecografica del nascituro, e festeggiare insieme il lieto evento. La moda si deve alle innovazioni tecnologiche, ed in particolare alla ecografia quadrimensionale, che riesce a visualizzare nel dettaglio i movimenti fetali, fino alle espressioni del volto, come un sorriso o uno sbadiglio. In Italia il gruppo di ricercatori guidati dal Prof. Umberto Castiello, docente di psicobiologia a Padova, attraverso l’osservazione – grazie proprio all’ecografia quadrimensionale – del comportamento di cinque coppie di feti gemelli, ha registrato che già fin dalla quattordicesima settimana di gestazione si possono verificare nell’utero movimenti volontari, precisi e diretti tra gli stessi gemelli. Vere

Testimonianza sull’aborto

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Vedevo il barattolo riempirsi del mio bambino fatto a pezzi

Quel giorno seppi che avevo tolto la vita all’unico bambino che avrei mai portato in grembo. Avevo venticinque anni e stavo impazzendo quando seppi di essere incinta. Il padre del mio bambino era andato via, ed io ero sola e disperata. Non lo dissi a nessuno tranne alla mia migliore amica che mi portò in auto alla clinica per aborti di Planned Parenthood a Nashville nel 1984. Scelsi la via d’uscita più facile, così pensavo all’epoca. Ricorderò quel giorno per il resto della mia vita. La stanza era fredda come lo staff. Non c’era empatia, assistenza, o attenzione medica personale. Mi sentivo come un pezzo di carne in una catena di montaggio mentre le ragazze venivano trasferite dentro e fuori dalla stanza. Non mi fecero nessuna anestesia, né medicazione, né
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